Fin da adolescente avvertivo che c’era un’espressione di me stesso la quale mi obbligava (religio?) a un fondo misterioso, dove, ritrovandomi proprio con la più genuina natura, valicavo tutti i confini della mia persona; dovevo scavare in fondo a me, per ritrovare un cielo in cui sciogliermi senza residui. Ho capito più tardi che il tormento e la gioia dell’arte, mai scompagnati, consistono appunto in questo scavo e in questa liberazione: una galleria che costruiamo, a rovescio, dentro di noi, per procurarci un varco sull’universo. La pena e l’assiduità del lavoro, gli slanci e le titubanze, le stanchezze e le riprese, gli avvilimenti e le speranze, ora cieche ora esaltate, tutto ci viene compensato da quei momenti in cui abbattiamo l’ultimo diaframma ed usciamo all’aperto, e non siamo più noi col nostro peso, ma quasi sciolti in una coscienza sensibilissima e universale. Sono momenti che si staccano da noi come meravigliose bolle iridate, sfere compiute che si librano in un sistema a noi ignoto di gravitazioni; e noi, pur col senso d’aver creato qualche cosa all’infuori di noi, ripiombiamo nel buio di noi stessi.
Giani Stuparich
LIBRIMPROBABILI 
L’ha ribloggato su l'eta' della innocenza.
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Che bel testo! Introspettivo
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mi sarebbe piaciuto condividere tutto il paragrafo in cui lui parla della creazione, è davvero toccante. ma credo che valga la pena di cercare e leggere il libro, c’è dentro molto più di quanto si possa immaginare
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E come si intitola?
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“Cuore adolescente – Trieste nei miei ricordi”, purtroppo non è facile da trovare, non essendo stato ristampato e non essendoci una versione on line: io l’ho pescato su ebay, un’edizione del 1986, con dentro ancora il segnalibro del vecchio proprietario (un foglio di giornale piegato con un articolo dedicato al libro!). ma secondo me sulle bancarelle e nelle librerie napoletane si trova…
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Chissà! È da vedere. Tu sei stato fortunello! 😀
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sì, in effetti sì.
te la ricordi la poesia con le iniziali di RITA? quel brano viene dallo stesso libro.
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