Ho rotto una finestra, e non so neanche perché


Il silenzio è caduto sul Reparto 22, con la sola eccezione del tintinnare dei vetri della finestra rotta, e del rumore della scopa. Qualcuno ha rotto una piccola finestra della sala giorno dove stiamo seduti su sedie di legno dure. Stai lì seduto, e puoi fumare. Non devi parlare, devi tenere tutti e due i piedi sul pavimento, altrimenti te la vedi brutta. Chi ha rotto la finestra? Adesso gli inservienti saranno in vena di fare gli stronzi perché il loro gioco di carte è stato interrotto e a uno di loro ordineranno di restare nella sala giorno se ci lasceranno uscire dalle nostre piccole scatole.

Stordito nel mio stupore simile alla trance non riuscivo a udire nulla. Il mio corpo era torpido e vuoto. Lo schifoso muro sghignazzante aveva smesso di ridere. Ora la parete era una parete e le scaglie di vernice erano scaglie di vernice. Avevo le mani fredde ma umide e il battito del cuore mi rimbombava nel corpo vuoto. L’ansia piena di attesa comincia a soffocarmi, mentre aspetto di uscire dalla mia scatola, ma rimango pietrificato sul mio letto a fissare la parete silenziosa e immobile. Eccomi, uno zombie vuoto in una scatola vuota in un inferno vuoto. La saliva che cercava di scorrere sulle labbra aride e secche era un segno sicuro che i farmaci psicotropi stavano combattendo per conquistare il controllo nella mia mente, della mia anima e del mio corpo. Dovevo combattere? Dargliela vinta? Soccombere al terzo mondo per sfuggire alle tragiche realtà che sono al di là della mia porta di acciaio?

Ma vale la pena di vivere inghiottiti

dal bidone della spazzatura

che la società riserva alle menti disadattate?

Che cosa potrò mai realizzare, che contributo potrò dare all’umanità, in questa scatola di cemento e acciaio con una maledetta parete sghignazzante che si muove? Gettare la spugna? Altre domande scorrevano precipitandosi nella mia mente come un disco a 33 giri mandato a 78, sempre più intense. All’improvviso, uno shock orribile, come una scarica elettrica, attraversa il mio corpo, mi fa drizzare le spalle curve e poi mi raddrizza ancora di più. La realtà si impone su di me come uno schiaffo in viso, dato con cattiveria, interrompe la mia trance e spezza il ghiaccio che mi bloccava le articolazioni. Qualcosa mi si sta arrampicando sulla schiena. La mia immaginazione? Dopo aver raccolto quei pochi sensi che mi erano rimasti capii che non lo era. C’era davvero qualcosa che si arrampicava sulla mia schiena. Ho reagito togliendomi di scatto la camicia da sopra la testa, dimenticando il fatto che ha i bottoni. La paura cieca non ha pietà degli oggetti materiali. Tre bottoni saltano. Scagliando la camicia a terra, la sensazione sulla schiena sparisce. Sbirciando per terra, la camicia, vedo l’invasore.

Uno scarafaggio nero, di circa tre centimetri,

mi s’era messo a ballare il tip tap sul dorso.

Il grosso insetto era innocuo, ma scioccante. Il roditore ha deciso per me. Sono tornato su questa sponda della realtà, ancora pensando al mio dibattito interiore. Ero segretamente contento della consapevolezza che avevo di me stesso, orgoglioso della vittoria mentale e fisica. Non sono mica un rimbambito. Avevo ancora una certa capacità di lottare. Non ho perso, ma nemmeno vinto. Ho rotto una finestra, e non so neanche perché.


Billy Milligan

11 pensieri su “Ho rotto una finestra, e non so neanche perché

      1. sicuramente è interessante. non aspettarti troppo sul lato stilistico, visto che ha come obiettivo quello di essere una biografia il più oggettiva possibile. i pochi slanci arrivano dalle righe scritte da Milligan, come quelle qui sopra, altrimenti è tutto riportato dall’autore Daniel Keyes in modo abbastanza asettico. però fa davvero luce su quest’intrico assurdo che c’abbiamo nella capoccia.
        chiaramente quella di Milligan è una situazione esasperata, ma quante volte mi son riconosciuto in certi meccanismi di difesa..
        ne vale la pena.

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    1. ma non è un intrico: è una pianura sconfinata. battuta da venti, certo. ogni tanto impattata da qualche meteorite che arriva da chissà quale angolo dell’universo. e i suoi colori cambiano a seconda delle stagioni, sicuro. ma sempre pianura è.

      il capoccione è bello e tremendo come un vulcano.

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