«E lei, fa sera o mattino, Padre?», chiese imperterrito, con una vibrante giocondità nella voce.
«Lei, mi pare, ha fatto tutta la notte», venne il brontolio di risposta. La luce scarsa dondolò disperata e, rimbalzando, le tenebre, più nere, si richiusero intorno. «Non è andato a dormire?», ansimò la voce rialzandosi.
«Troppo baccano di ubbriachi e di festa, troppi canti di grilli, troppo caldo», fu la risposta tumultuosa. «A proposito», riprese, «non mi accorgevo che i grilli hanno smesso e che fa quasi freddo: chi sa mai?»
«È che siamo già sotto l’alba», rilevò venendo alla sua volta il Padre.
«Possibile? Come passano presto le notti d’estate.»
«Specialmente a San Rocco. Dicono così anche i lavoranti che al mattino si addormentano sul solco.»
«Quanto a me non ho sonno, ma un grande appetito. Non ho più sonno, mi pare di aver scoperto che la notte stimola tutti i sensi.»
«Per questo, di notte, è usanza dormire.»
Cesare Pavese