Uno, nessuno e centomila demonii


Quando Dio vuol perdere una persona la fa impazzire: il diavolo, più lieve e benigno del suo rivale, la fa ridere.

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Se vogliamo dire la verità, il demonio non è, alla pari di Dio, uno e unico: il suo nome è legione, e tante sono le forme che egli assume quanti sono gli esseri in cui si incarna. Quando ad esempio si installa in un cervello nordico, diventa dottore, e crea la dottrina dello spazio vitale, nel cui nome tranquille popolazioni stabilite da secoli in contrade da essi vivificate o addirittura create sono sospinte come armenti verso terre ignote, dove le attende la fame e la morte; o inventa il mito del sangue, nel cui segno donne vecchi e bambini sono martoriati e trucidati; oppure si improvvisa missionario di civiltà, e rovescia sulle città indifese migliaia di tonnellate di bombe, distruggendo in un soffio tutto ciò che di bello e di santo aveva saputo costruire l’opera delle generazioni. Il demonio meridionale invece non è così cattivo: se è in vena di dottrina, si incarna oratore e giurista; se passa all’azione, mostra orrore del sangue, e bisogna che lo tirino per la coda perché arroncigli qualcuno. È piuttosto prevaricatore e corruttore, ed ha, questo supremo, il genio della dissoluzione. Tutto sommato un buon diavolo, che non chiederebbe altro, se la provvidenza non lo spingesse alla perdizione, che di mettersi un paramaniche di raso e farsi burocrate. Come tutti i demonii, egli sa del resto operare miracoli: ad esempio quello di divorare, come una termite, lo scheletro di un paese, e di farlo stare in piedi per almeno venti anni.


Salvatore Satta

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