Piango di gioia


Quattro camicie,

quattro lenzuola,

quattro sottane,

quattro, insomma, di tutto.

E quel corredo della figliola, messo su, un filo oggi, un filo domani, con la pazienza d’un ragno, non si stancava di mostrarlo alle vicine.

— Roba da poverelli, ma pulita.

Con quelle povere mani sbiancate e raspose, che sapevano ogni fatica, levava dalla vecchia cassapanca d’abete, lunga e stretta che pareva una bara, piano piano, come toccasse l’ostia consacrata, la bella biancheria, capo per capo, e le vesti e gli scialli doppii di lana: quello dello sposalizio, con le punte ricamate e la frangia di seta fino a terra; gli altri tre, pure di lana, ma più modesti; metteva tutto in vista sul letto, ripetendo, umile e sorridente: Roba da poverelli… e la gioia le tremava nelle mani e nella voce.

— Mi sono trovata sola sola — diceva. — Tutto con queste mani, che non me le sento più. Io sotto l’acqua, io sotto il sole; lavare al fiume e in fontana; smallare mandorle, raccogliere ulive, di qua e di là per le campagne; far da serva e da acquaiola… Non importa. Dio, che ha contato le mie lacrime e sa la vita mia, m’ha dato forza e salute. Tanto ho fatto, che l’ho spuntata; e ora posso morire. A quel sant’uomo che m’aspetta di là, se mi domanda di nostra figlia, potrò dirglielo: «Sta’ in pace, poveretto; non ci pensare: tua figlia l’ho lasciata bene; guai non ne patirà. Ne ho patiti tanti io per lei…». Piango di gioia, non ve ne fate…


Luigi Pirandello

9 pensieri su “Piango di gioia

      1. Impostore! “Più” aveva l’accento dall’altra parte, a meno che non abbia visto male o il vento gli abbia cambiato il verso 😂. Vabbè, doppii era l’altro che avevo considerato refuso…

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