Per il momento non aveva intenzione di tornare a Venezia. L’offesa che gli bruciava in petto emanava una spessa coltre di fumo che offuscava tutti i ricordi dolci e accattivanti, soffocando ogni pensiero che avrebbe potuto commuoverlo e renderlo più conciliante nei confronti della sua città. Per il momento voleva coltivare il suo odio e viaggiare. Messer Bragadin, da quell’uomo saggio e benigno che era, lo avrebbe compreso senz’altro, grazie alla sua nobile semplicità di spirito. Il senatore era tuttora convinto che il violinista veneziano da lui ripescato una notte nelle acque della laguna e tratto in salvo mezzo tramortito sulla sua barca, gli avesse più tardi a sua volta salvato la vita, con le parole e con l’arte della magia, ma forse anche grazie ad armi più occulte di un volgare incantesimo, strappando il suo vecchio corpo debole e agonizzante alle grinfie dei medici e della morte: messer Bragadin, nobiluomo e senatore di Venezia, era forse l’unico amico che egli avesse al mondo, e senz’altro il solo sul quale potesse contare a Venezia. Per quell’amicizia, così come per i sentimenti umani in genere, non c’era alcuna spiegazione. A dire il vero, egli aveva ingannato, tradito e sbeffeggiato quell’animo generoso sin dal primo istante. Messer Bragadin lo aveva trattato con una bontà disinteressata, quale non gli era mai capitato di trovare e pensava che non avrebbe mai trovato neanche in futuro, nel corso della sua vita avventurosa e incerta. Una bontà infaticabile, silenziosa e paziente. Per diverso tempo, egli aveva considerato con diffidenza quel fenomeno umano che non comprendeva, che non riusciva a percepire, così come un daltonico non riesce a distinguere determinati colori. Osservava quella bontà con sguardo indagatore, corrugando le sopracciglia, per capire quando si sarebbe esaurita, quando il vegliardo avrebbe chiesto un risarcimento e una ricompensa per le attenzioni paterne di cui lo colmava, quando avrebbe gettato alle ortiche la maschera della bontà per mostrare il ghigno spaventoso del suo vero volto. Immaginava che quella metamorfosi non avrebbe tardato. Invece erano trascorsi mesi e poi anni, e la bontà di messer Bragadin non si era esaurita. Talvolta l’anziano gentiluomo lo redarguiva per i suoi sperperi, si rifiutava di esaudire qualche sua pretesa eccessiva e sfrontata, richiamava la sua attenzione sul valore del denaro, sui piaceri della vita operosa, sul significato dell’onestà umana: ma lo faceva senza secondi fini, con il tatto e la pazienza di un’anima gentile, senza aspettarsi nessuna gratitudine, perché sapeva che la gratitudine è sempre la madre dell’odio e della vendetta. Per molto tempo egli non aveva compreso messer Bragadin.
***
Ma messer Bragadin conosceva il segreto più occulto, il segreto del compito più doloroso che possa toccarci nella vita, sapeva che non dobbiamo vergognarci dei nostri sentimenti nemmeno se li sprechiamo per una persona indegna.
Sándor Márai
bellissimo romanzo!!
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ma sai che a me non è proprio piaciuto invece? tra i libri che ho letto di Màrai La recita di Bolzano è quello che ho trovato più noioso, anche perché, a mio avviso, ha molto storpiato Casanova (mia grandissima passione).
ciononostante l’autore rimane un genio e anche questo romanzo è pieno zeppo di passaggi memorabili, come la citazione qui sopra
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e va beh…. me ne farò una ragione….
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La donna giusta m’è piaciuto un sacco. ma proprio un sacco. e poi vabbeh Le braci. quello è un pugno nello stomaco
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Le braci è, anche per me, il suo migliore
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