Innamorarte


Timido, goffo sì, ma distaccato, ironico pur nella sua squisita cortesia.

Non parlava mai di sé, smontava le mie fanfaronate con una battuta da levarmi la pelle, m’istruiva con buona grazia senza trovarmi così intelligente come gli altri, persino Leone, mi stimavano.

E non era affatto innamorato di me: per lui ero una compagna, in crisi ma pur sempre fidata. La mia vivacità a volte lo infastidiva, a volte, bontà sua, lo divertiva.

Diceva che ero giovane ‒ e, se non giovane, immatura mi sentivo con lui; mentre i nuovi amici, tutti più giovani di me e nuovi alla cospirazione, mi consideravano e mi facevano sentire esperta vissuta più di quanto in verità io fossi.

Non mi piace parlare di Henek, presentato come era o come lo vedevo allora e non come è adesso. Dirò solo che a un certo momento mi sono accorta d’essere innamorata di lui e questa volta tutto era diverso: l’amore mi riempiva di tristezza, di sfiducia in me, di smarrimento.

Lo avevo d’un subito giudicato capace di un grande amore non corrisposto. Giusto. Solo che lo provava per un’altra. L’ho indovinato assai prima che lui, per togliermi ogni illusione, me lo dicesse brutalmente: sono innamorato di un’altra. Ho pensato che fosse lontana, ma più tardi da altri ho saputo che viveva a Torino (e che era bellissima). Ancor oggi, questo ‒ d’aver indovinato ‒ mi è misterioso e conturbante.

Qualche volta, lealmente, lui proponeva: «Meglio non vederci più. Sei giovane, non perder tempo con me che sono un rottame umano». Al mio diniego rispondeva stancamente: «Come vuoi, io ti avevo avvertita», e con tenera pietà mi sfiorava la guancia con un dito.


Tina Pizzardo

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