La vita nei secoli…
A questo alludeva
Dunque – ieri sera…
rattrappito nel breve segmento del suo gemito –
quel treno lontano…
Quel treno che gemeva
sconsolato, come stupito di esistere,
(e, insieme, rassegnato – perché ogni atto
della vita è un segmento già segnato in una linea
che è la vita stessa, chiara solo nel sogno)
gemeva quel treno, e l’atto del gemere
– impensabilmente lontano, oltre le Appie
e i Centocelle del mondo –
si univa a un altro atto: unione casuale,
mostruosa, cervellotica
e tanto privata
che solo oltre la linea dei miei occhi
magari chiusi, è possibile averne conoscenza…
Atto d’amore, il mio. Ma perso nella miseria
di un corpo concesso per miracolo,
nella fatica del nascondersi, nell’ansare
lungo una cupa strada ferrata, nel pestare il fango
in una campagna coltivata da giganti…
La vita nei secoli…
come una stella cadente
oltre il cielo dei giganteschi ruderi,
oltre le proprietà dei Caetani o dei Torlonia,
oltre le Tuscolane e le Capannelle del mondo –
quel gemito meccanico diceva:
la vita nei secoli…
E i miei sensi erano lì ad ascoltarlo.
Accarezzavo una testa arruffata e polverosa,
del color biondo che bisogna avere nella vita,
del disegno che vuole il destino,
e un corpo di cavallino agile e tenero
con la ruvida tela dei vestiti che sanno di madre:
compivo un atto d’amore,
ma i miei sensi stavano ad ascoltare:
la vita nei secoli…
Poi la testa bionda del destino disparve
da un pertugio,
nel pertugio fu il cielo bianco della notte,
finché, contro quel lembo di cielo, apparve
un’altra pettinatura, un’altra nuca,
nera, forse, o castana: e io
nella grotta perduta nel cuore dei possessi
dei Caetani o i Torlonia
tra i ruderi costruiti da giganti seicenteschi
in giorni immensi di carnevale, io
ero coi sensi ad ascoltare…
la vita nei secoli…
Più volte nel pertugio contro il biancore
della notte che si perdeva
oltre le Casiline del mondo,
sparì e riapparve la testa del destino,
con la dolcezza ora della madre meridionale
ora del padre alcolizzato, sempre la stessa
testolina arruffata e polverosa, o già
composta nella vanità di una giovinezza popolare:
e io,
ero coi sensi ad ascoltare
la voce di un altro amore
– la vita nei secoli –
che si alzava purissima nel cielo.
Pierpaolo Pasolini