Per di più in letto la Laide perdeva quell’aplomb disdegnoso a cui teneva tanto quando per esempio camminava per la strada, nuda risultava più bambina soprattutto per la piccolezza delle tettine e per il bacino molto stretto, e lei stessa probabilmente se ne rende conto e ne gode e allora finalmente si sente lei padrona della situazione e vittoriosa, fingerà di non accorgersi che nella lotta le si è sciolto il chignon e i capelli neri si spanderanno intorno come l’inchiostro da un bottiglione infranto e allora si abbandonerà con lui, sorridendo, a vanitose confidenze così candide da renderla ancora più bambina. «Sai che cosa ho io?» gli dirà. «Che sono ancora una bambina ma sono terribilmente femmina.» «Una volta un ragazzo mi ha detto» racconta «io ero ancora piccolina avrò avuto neanche dodici anni, mi ha detto: tu Laide sei nata per fare impazzire gli uomini.» «Sai che cosa sono io?» gli dice, nell’improvvisa eccitazione di un lieto ricordo, uno dei pochi forse che possiede, quasi pronunciasse una formula magica che la riscatti dalle miserie, solennemente. «Io sono la nuvola. Io sono il fulmine. Io sono l’arcobaleno. Io sono una bambina deliziosa.» È nuda, inginocchiata sul letto, aperta dinanzi a lui, lo fissa con occhi impertinenti. E sporge con quel suo moto caratteristico le piccole labbra sottili, infantile provocazione e sfida. Mentre Antonio la fissa in adorazione, intimidito da tanta sapienza istintiva, lui con tutto il suo ridicolo armamentario letterario nella crapa.
Dino Buzzati