Rise, un colpo secco di gola, per dire poi severa: «Nessuno può essergli amico».
«Li ho sentiti parlare, in terrazzo. Non ho capito. Sembrava una specie di accordo.»
«Fausto non può accordarsi su nessuna cosa e con nessuno.» Si illuminò un poco: «Tu ormai lo conosci. È una creatura unica. Un genio. Sei convinto? O lo si ama o niente».
«È anche tremendo» provai.
Rise felice.
«Ma sicuramente lo è.» Alzò appena la voce: «Tremendo, il diavolo, un castigo d’Iddio, tutto quel che volete. Ma gli altri? Chi sono. Dove sono. Dove arrivano. Che vogliono. Non vedi in giro? Il mondo? Un fallimento».
Aveva liberata una mano e ora il pollice scattava a ripetizione dalla presa delle altre dita chiuse a pugno, l’unghia piatta e rosata.
«Un fallimento, niente più» ripetè adagio.
«Gli ho visto dire e fare certe cose» mi uscì. «La prepotenza che ha. Poi, si capisce, uno s’arrende, giustifica, magari si diverte e gli dà anche ragione. Io gli sono amico sul serio, e lui lo sa.»
Negò col capo, quel suo melanconico segreto sorriso ripiegato a contrastare.
«Né tu né altri. Già te l’ho detto. Non può avere amici. Non può» rispose.
«Eppure» opposi soltanto.
«Voglio dire: gli sarai amico, non dubito» riprese cautamente calcando su ogni parola «ma vedi che anche tu discuti, trovi a ridire, fai ragionamenti? E su di lui non si può ragionare, con lui due più due non danno mai quattro, forse cinque, forse tre, ma quattro proprio mai. Lui: bisogna sceglierlo e basta.»
«Tu sei donna e…»
«Non sono donna. Magari. O forse no. Che ne so?» ribatté scontrosamente. «Che significa donna o non donna? Dicono che sono innamorata di lui. Lo dicono tutti, persino mia madre, povera creatura, e di nascosto mi prendono in giro. Solo di nascosto però. Ma non è lo stupido amore, lo svenimento sfessamento che pensano loro. Io ho solo deciso. Io ho scelto. Come un cane s’incammina dietro un tizio per strada, e solo a quello. E aspetta. Aspetta e non ha bisogno di spiegarsi.»
Non sopportai il suo sguardo, che aveva trovato coraggio nel crescere della confessione.
Mi sentii stupidamente disarmato.
«Non è amore» disse. «È fedeltà, è fede, è credere e aspettare. Più altre cose. Chiamalo, chiamatelo come volete.»
Giovanni Arpino