Sul filo


Cannone spara fumo, un rimorso

che stordisce sul passato, e castiga

nessuna pietà


Sono stato io, carezza e cenere,

un incendio delicato,

spirale di amore-odio


Come intruse, rifiutavo memorie

e dolcissime domeniche cantate

sulle panchine


Confusione ed equilibrio fasullo

Prigioniero: prego, si alzi in piedi!


E lei rimane di vetro ed incespica

dicendo che è felice di partire

poi ritorna ad impegnarsi

su quella piega del vestito

non si accorge che cammino

in bilico sul filo.


Indago il tempo di noi, le stagioni

quando due colori estremi

lottavano dentro di me


Una prova: lo rifarei di nuovo,

ho sbagliato il giocattolo è stanco

o è meglio di no.


Non conviene dubitare all’indietro

sgomitare bolle d’aria

e uscirne con l’acqua alla gola


Ora glielo dirò, ora glielo dirò!


Ma poi manca il coraggio, quasi casco dalle

nuvole dicendo che fa caldo

ed abbasso il finestrino

e lei si massaggia il sopracciglio

con un etto di matita

come una diva.


Vulcano s’è spento oramai,

sento lava gelida sui fianchi teneri.

Un terremoto all’interno commuove

mi rapina, vita della vita,

e lascia il segno:

Ora guarda che fai;

stringiti un pugno alla mano,

ti consuma questa mimica di carta vetrata


Amala oppure vai via!


Si fruga nella tasca

trova un paio di forcine per capelli

e poi si tuffa dentro al mio retrovisore

anzi, lo piega verso la destra

ci controlla la vecchiaia

e guarda una ruga.


Francesco Gazzè



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