Bello è vestirsi coi panni puliti, la camicia bianca che sa un poco di muffa, perché non l’hanno fatta asciugare a dovere con l’umidità di questi giorni, tempo infame. Ma si asciugherà più tardi addosso a me per strada al sole dove già sfilano le ragazze sempre col cappotto ma aperto davanti a mostrare il gonfio dei seni. Seni dico e non petto perché quassù il petto delle donne te lo puoi scordare, il petto voglio dire come uno zaino di ciccia, una sola cosa compatta e unita come hanno le donne di campagna. Seni, tette e tettine oggi sporgono dal cappotto un poco aperto per via del sole raro di questa domenica di novembre, la gente sorride. Il caffè oggi lo prendiamo doppio al bar delle Antille dove per fortuna non si fanno vedere i pittori capelluti e le ragazze nere coi piedi sporchi, ma soli noi due, io e Carlone a parlare delle parti nostre e di com’era la domenica laggiù, noi fermi in piazza del Duomo a guardare le ragazze col petto che escono dalla messa di mezzogiorno. Anche qui certo faranno le messe ma a guardare sul sagrato non c’è nessuno. Un discorso tira l’altro e si arriva passeggiando lemme lemme fino al tocco il tocco e mezzo quando spunta l’appetito e si decide di andare insieme al “Bersagliere” che con ottocento ottocentocinquanta lire ti dà la pastasciutta e la costata e magari anche un quartino di vino e una mela. La costata bisogna dire alla cameriera perché se dici bistecca ti dà la braciola e se dici braciola non ti dà niente, rimane lì incantata a dire prego signore. Bisognerebbe fissare per legge come si chiamano, in Italia e con un nome solo, i vari tagli della vitella, il lombo, la fesa, che non avevo mai sentito prima d’ora, la fesa francese, la piccata, la paillard, il portafoglio all’Attilio, l’ossobuco, il filetto, il controfiletto, il nodino, il biancostato e il magatello. Dopo, un altro caffè doppio e si rimane a ciondolare ai tavolini del bar delle Antille senza badare ai pittori capelluti e alle ragazze coi piedi sporchi, soltanto noi due, Carlone e io, vecchi compagni contubernali del numero otto terzo piano, amici come soltanto sono amici due uomini quando intorno c’è il pericolo. Come una notte di settembre, vicino a Lecce, quando scendevano rossi i bengala, grappoli dell’ira, uva della collera, insomma the grapes of wrath perché erano bombe inglesi, e fu Dodi a destarmi e mi vide le mani tremare e mi ci mise una sigaretta e la fumammo vicini accosto al muretto del vigneto, mentre di lassù scaricavano tonnellate di tritolo addosso ai tedeschi della Goering in fuga verso nord. Così ora con Carlone la sigaretta scambiata è un pegno di amicizia a difesa contro quest’altra collera grigia della città che si stringe attorno a noi e minaccia quest’isola nostra, appena oltre il tavolino nostro di ferro intravedi sotto la griglia scorrere impetuosa l’acqua della fogna che mina il tuo terreno e da un momento all’altro tutto può crollare, aprirsi una voragine che inghiotte noi e le Antille e tutta quanta la strada giù fino al palazzo della Braida Guercia. Resteremo noi due, Carlone e io, aggrappati a un relitto, travolti verso il fiume scuro della Vettabbia, dell’Olona, del Redefossi, ma intanto la sigaretta scambiata è pegno di amicizia, e nulla cancellerà mai questo pegno. L’amicizia di due uomini è più forte di una preghiera, sì, ma quando compare Anna e sorride nel sole, allora già in quell’amicizia qualcosa si è incrinata, perché io sono di Anna e Carlone sente che già nel pensiero io lo tradisco, perché un amico vero non sarà mai di una donna, una donna è sporca e insudicia persino le preghiere e Carlone sa che domani Anna sarà più forte di lui. Cupo ci segue giù per la strada e io so che per lui questo raro sole di domenica non brilla più, che in testa gli si è aperto un buco di buio, e così come a rinforzo chiama Ettorino, chiama un altro, perché il pugno di uomini amici sia più forte di quest’altra forza ora intervenuta, Anna bionda nel sole e grande e chiara. Io le stringo il braccio sotto il mio, fiero perché Anna è bella e tutti sappiano che è mia, soltanto mia.
Luciano Bianciardi
meravigliosa questa pagina da bere tutta d’un fiato.
e dopo mezzo secolo ancora persiste l’equivoco linguistico della braciola, mentre su tette, tettine e zaini di ciccia l’accordo si è raggiunto (solo linguistico perchè sulle preferenze si è lontani)
ml
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a me piacciono le minnuzze!
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se le minnuzze sono le tettine siamo più d’accordo che sulle bistecche
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tettine con forma tonda e piena
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