La vecchia zingara avanza nel vagone
della metro scostando ad ogni passo sguardi di pena di riprovazione
di disgusto di fastidio.
Abbassano gli occhi le giovani incinte vestite di fiori e sandali smaltati così vicini alle ciabatte della strega
divorate come da morsi di topo.
Lei è logora e puzza e mugola
ed elemosina la sua razione di vita con l’assurdo mestiere che non sfama gli attori ma che riempie le tasche dei mendicanti.
Eppure l’unica bugia a cui riesce a pensare è il sonaglio della sua giovinezza i balli e gli amori scalzi e l’inconsapevolezza
di quel che dobbiamo diventare.