Cesare era una brava persona, una creatura affettuosa e comprensiva che lo stimava e che gli voleva bene, ma non si poteva veramente considerare un amico. Si erano conosciuti troppo tardi, quando entrambi erano già uomini fatti. Per questo ciò che li univa era un rapporto di colleganza, di simpatia, di consentaneità. Ma non bastava. Avevano sì in comune molte cose, ma non la gioventù. E non ci poteva essere vera amicizia senza una giovinezza condivisa perché niente poteva surrogarne il ricordo.
L’amicizia è un dato esistenziale, si diceva Andrea. Non un’affinità elettiva, non una scelta deliberata, non il piacere della conversazione, non un invito a cena. A due esseri umani è dato, per puro caso, di nascere in uno stesso angolo di mondo, di frequentare la medesima scuola, di inciampare uno nell’altro e di fare un pezzo di strada assieme prima che la chimica ormonale completi i propri esperimenti con il corpo puberale. Ed eccoli testimoni l’uno dell’altro per il resto dei loro giorni.
Tutto qui il senso inesauribile di quella parola: amicizia. Nient’altro che la collisione accidentale tra due atomi umani. Ma un cozzo provocato da una deviazione avvenuta nel primo tratto della corsa verso la morte di quei due atomi, quando ancora l’accelerazione non ha impresso troppa velocità al loro precipitare, quando ancora la forza che attrae verso il basso un corpo in caduta libera non si è fatta troppo grave da sostenere, quando ancora non siamo del tutto risucchiati dalla prossimità dello schianto.
Un urto casuale tra due punti di materia cieca, stornati per un istante dal loro precipitare a piombo. Ecco il sodalizio umano. Due bocconi di creta sanguinolenta e ancora molle che imprimono l’uno il proprio insensato sigillo nell’altro. Per questo l’amicizia era eterna, irrevocabile. Perché era una cosa completamente gratuita, priva della benché minima ragione, se non quella del semplice fatto di essere accaduta quando ancora qualcosa poteva assumere il prestigio assoluto dell’evento. Vale a dire prima dei vent’anni.
Antonio Scurati
È proprio tutto vero 👀
Quando si conosce una persona da ormai adulti, ognuno ha già le proprie idee fisse, mentre da giovani si può ancora crescere insieme, condividere scoperte allora importanti. E poi da giovani l’amicizia capita, come esprime benissimo la metafora della “collisione accidentale tra due atomi umani”! Da grandi, invece, si sceglie per interesse personale… salvo rare eccezioni.
L’amicizia con la mia ex migliore amica cominciò proprio fra i banchi della scuola materna! E finì nel periodo più delicato, alle scuole medie, nel pieno dell’adolescenza
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io penso sia abbastanza vero quello che dice Scurati, ma non una verità assoluta.
credo che le amicizie possano nascere anche in situazioni e momenti di trasformazione, in cui due persone sono portate ad aprirsi e a cercarsi, a conoscere il proprio nuovo aspetto. se si fruga nell’intimo nostro e dell’altro e si scopre qualcosa che ci mette in risonanza, il gioco è fatto, non c’è età che tenga.
certo, è più comune che tutto questo accada più facilmente quando si è giovani e in continua (tras)formazione.
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Condivido👍 è anche questione di avere una certa disponibilità ad aprirsi facilmente, con anche una curiosità, verso il prossimo
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sì, quello conta tanto in effetti
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