Io, e credo molti, ricerchiamo non ciò che è vero in assoluto, ma ciò che noi siamo. In questi pensieri tu tendi con sorniona noncuranza a lasciar affiorare il tuo essere vero, i tuoi gusti fondamentali, le tue realtà mitiche. Una realtà che non abbia legame radicale nella tua essenza, nel tuo | subconscio ecc., non sai che fartene.
In fondo, di Dio ti spiace proprio la sua massima qualità – che è staccato, diverso da te, lo stesso per tutti, eppure una cosa suprema.
Ma perché accetti te – quel qualunque te che ti succede d’essere? In certo senso non è altrettanto oggetto il tuo io quanto l’io divino? Non credo sia per ambizione. Forse per pigrizia? O convinzione che non serve a nulla poggiarti su altro – coltivare qualità che non hai, trattare storie che non senti ecc.? Forse il difetto nasce appunto dalla tua educazione poetica, che ti ha avvezzato a credere soltanto alla tua vera natura.
Cesare Pavese
In certo senso, o in “un” certo senso?! u.u
Comunque è una bellissima riflessione, fa pensare… leggerla una sola volta non mi era bastato!
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No scassambrella è giusto così, dritto dritto dal suo diario
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Va beeene, pardon 🙏
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comunque pure io l’ho riletta più volte per comprenderla, prima di pubblicarla
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Sì, Pavese va letto e riletto. E meditato. E’ un bell’antidoto contro la superficialità
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hai detto bene Pina cara
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