Flash, l’Odissea di un junkie per caso


Com’è drogarsi? E’ bello. Non usa giri di parole Charles Duchaussois per dire perché, a un certo punto della sua vita, si è lasciato trascinare giù nel gorgo dell’eroina. E io che ho sempre pensato che la droga fosse il peggiore dei mali dell’umanità ci sono rimasto di schianto. Non per la perentorietà e la schiettezza di Duchaussois, ma perché quell’affermazione perentoria e schietta arriva dopo pagine e pagine in cui il lettore – nella fattispecie: io – è già stato ammansito e convinto del fatto che i trip e i flash e le planate e i voli siano esperienze sull’orlo del divino. Parliamoci chiaro: drogarsi fa male. Le conseguenze sul piano fisico, psichico e umano sono semplicemente devastanti. Ma a leggere l’incredibile storia di questo junkie per caso, la tentazione di pensare che forse, in qualche misura, con tutte le cautele del buonsenso, l’autore abbia ragione, m’è venuta.


CHI E’ CHARLES DUCHAUSSOIS?

dechaussoisIl protagonista di questo racconto autobiografico è un criminale da strapazzo in fuga da truffe e piccoli colpi, un disadattato che si trova a proprio agio in qualsiasi situazione, un viaggiatore instancabile e curioso. Una sorta di Ulisse degli anni ’60. E Flash [Torino, SEI Edizioni, 2001] è la sua Odissea. Come Ulisse, Duchaussois vaga senza sosta da Marsiglia a Beirut, da Istanbul a Kabul, da Bombai a Kathmandu su qualsiasi mezzo gli permetta di accorciare le distanze tra sé e la propria meta. Con la differenza che di fronte al suadente canto delle sirene Charles non si è fatto legare dai suoi compagni di viaggio, con le orecchie tappate di cera, all’albero della nave, ma si è spinto insieme a loro contro la scogliera da cui arrivava l’irresistibile canto degli allucinogeni. Attenzione: Duchaussois non è un hippie. E per tutto il viaggio, nonostante abbia condiviso praticamente ogni cosa – dal sesso alla sporcizia, passando per il cibo, le siringhe e una valanga di dollari – con questa variopinta ragazzaglia ansiosa di anestetizzarsi nell’esaltazione dei sensi, tiene sempre a precisare che lui non è un hippie. Lui è altro. E’ altro negli atteggiamenti, nei modi di parlare, nel vestire, nel negoziare con gli esseri umani, a cui intende sempre dimostrare la propria superiorità, la propria resilienza: quanto più è laido e improbabile, ben oltre il limite del grottesco, tanto più Dechaussois intende sancire sul prossimo la generosità, l’astuzia, la comprensione di un uomo fuori dal comune.


flash

IL GLOSSARIO DEL PRECIPIZIO

E’ proprio questo mal riposto senso di superiorità che porterà Duchaussois a trasformarsi in uno junkie. Una larva scheletrica, uno zombie, lo stadio terminale dell’eroinomane che il protagonista stesso, incrociando sbigottito altri morti-viventi all’inizio del suo viaggio, non avrebbe mai immaginato di poter raggiungere. Il percorso è lento e inesorabile e passa attraverso una serie di tappe obbligate, in un crescendo di sostanze e sensazioni che sradicano Duchaussois dalla propria volontà. Si comincia con i trip dei chilum e dei joint a base di hashish a Istanbul, si prosegue con l’oppio di Bombay, che fa planare sulle ali di un tempo immobile, e si arriva all’eroina di Kathmandu, con la quale Charles, dopo aver provato il suo primo flash, (lo shock orgasmico che scuote tutto il corpo quando l’eroina buca il sistema nervoso) comincia letteralmente a volare, scatenando la potenza di infinite suggestioni. E non è il solo a volare: negli anni ’60 la capitale del Nepal era LA meta, l’Eden di stormi di tossicodipendenti, la città dove qualsiasi tipo di droga si trovava in abbondanza, a buon mercato e liberamente. In questa rapida discesa verso l’autodistruzione – l’esperienza di Duchaussois dura poco più di un anno, snodandosi lungo il 1969 – è impossibile non rimanere affascinati dal potere trascinante delle estasi che il protagonista ricerca con sempre maggiore avidità. Così come non si può rimanere indifferenti alle distorsioni che subisce la sua umanità. Distorsioni che in rari momenti di lucidità sconvolgono lo stesso Charles.


C’E’ VIAGGIO E VIAGGIO

Duchaussois descrive minuziosamente i viaggi, le sensazioni corporee che accompagnano lo scollamento dalla realtà, l’amplificarsi delle percezioni artificiali, l’assoluta intolleranza a quelle ordinarie, e lo fa con drastici cambi di registro, di stile. Specialmente all’inizio del romanzo, infatti, la scrittura è asciutta, quasi cronachistica, scarna, con pochi dettagli, pochissimi aggettivi. A tratti è scattosa come fosse incriccata dalla sabbia o da altri detriti finiti negli ingranaggi della trama lungo gli spostamenti fatti spesso con mezzi di fortuna. Un resoconto che somiglia a un diario, che pur lasciando trasparire l’ansia di portare il lettore a un dramma sembra voler costruire una doverosa premessa di normalità a vicende che non esito a definire sconcertanti. Dentro questa premessa però c’è tutto il compiacimento del viaggiatore, dell’esploratore, di chi ha il coraggio di sperimentare e la consapevolezza di poter provare qualsiasi cosa e smettere quando vuole. Peccato che non sia così.


5 pensieri su “Flash, l’Odissea di un junkie per caso

  1. Ho letto il libro e mi ha rapita. Ma anche questa recensione è perfetta: ti trasporta e ti incuriosisce… Per la trama, ma soprattutto per le sensazioni scomode a cui non siamo abituati… Da provare!

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    1. ti dirò, The Counselor non l’ho mai visto. vado a dare un’occhiata alla tua recensione e se mi incuriosisce lo guarderò di certo. a me piace anche molto “Fuori vena”, una produzione italiana indipendente. un po’ casereccia, ma proprio per questo verace…

      grazie per essere passato!

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      1. Se ti va, poi fammi sapere come hai trovato The Counselor. Se invece non dovessi più sentirti, per me avertelo fatto scoprire è già una grande soddisfazione. Grazie a te per la risposta! 🙂

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